L’Aglio,
una delle piante più conosciute e utilizzate in
cucina, si ipotizza sia originario delle zone
centrali dell’Asia. Appartiene alla famiglia
delle Liliaceae e ne esistono diversi tipi, ma
il più diffuso è indubbiamente l’aglio comune o
Allium sativum.
Un tempo era cibo e medicamento per Babilonesi,
Egizi, Ebrei, Arabi. Presso gli antichi Egizi
era considerato sacro e gli schiavi che
costruivano le Piramidi ne ricevevano uno
spicchio al giorno.
Maometto ne raccomandava il consumo e Ippocrate
lo prescriveva per la profilassi delle malattie
infettive e nella cura della lebbra e delle
malattie intestinali. Dioscoride e Plinio lo
raccomandavano come diuretico, tonico, efficace
per il mal di denti, l’asma le emorroidi e per
l’apparato respiratorio e la tubercolosi
polmonare. I Romani ne facevano grande uso e lo
consideravano un simbolo delle virtù militari
per le sue proprietà igieniche e fortificanti.
Durante il Medioevo fu usato anche contro la
sordità, la febbre e il male ai reni e la sua
azione antisettica si rivelò efficace per un
gran numero di mali, tra cui la peste e il
colera.
Secondo la tradizione, durante la grande
epidemia di peste nell’Europa del XIV secolo,
solo i consumatori abituali di aglio sfuggirono
al contagio.
L'aglio è considerato anche un afrodisiaco, con effetti stimolanti per il sesso maschile… e proprio per questa sua particolare proprietà sembra che nel medioevo l'uso dell'aglio (come anche quello della cipolla) fosse proibito nei monasteri e fosse vietato ai monaci mangiarne!
Nel Rinascimento il consumo di aglio diminuì sensibilmente; gli si continuarono a riconoscere virtù terapeutiche, ma venne aborrito come condimento dalle classi nobili a causa del cattivo odore che procura all’alito. Nel Seicento il medico e farmacista inglese N. Culpeper raccomandava l’aglio per schiarire la voce e curare raffreddore, bronchite e asma.
Daniel De Foe, l’autore di “Robinson Crusoe”,
racconta nel suo “La peste di Londra” che una
famiglia attraversò indenne il contagio del
terribile morbo che colpì l’Inghilterra nel XVII
secolo, grazie alla grande quantità di aglio
immagazzinata. Anche durante la peste che colpì
Marsiglia, per profilassi venne usato l’aglio
macerato nell’aceto. Da qui nacque “L’aceto dei
quattro ladri”.
La Scuola Salernitana lo consigliava nella
prevenzione delle malattie contagiose. L’aglio
sembra che abbia protetto molti dall’epidemia di
“Spagnola” del secolo scorso. Durante la seconda
Guerra mondiale, sul fronte russo i soldati si
medicavano le ferite con preparati di aglio,
mentre al di là dell’oceano si scopriva la
penicillina. Successivamente l’aglio venne
chiamato “La penicillina dei Russi”.
"L'aceto dei quattro ladroni"
Un aceto dal nome colorito e di decise proprietà antibiotiche completamente di origine naturale e di facile preparazione.
La leggenda narra che durante la terribile peste che colpì Tolosa nel 1630, quattro ladri, non tenendo conto del rischio di contagio, entravano nelle case degli appestati, moribondi o morti per depredare le loro ricchezze. Arrestati furono condannati all’impiccagione. Un giudice intelligente e curioso si era però chiesto come facevano a non essersi contagiati, nessuno dei quattro. Li interrogò promettendo loro la grazia se avessero rivelato l’interessante segreto. I ladri risposero che due volte al giorno si bagnavano i polsi e le tempie con un macerato di varie erbe, tra cui aglio, salvia, rosmarino, timo e lavanda. Che da quel giorno prese il nome di aceto dei quattro ladri. Da allora si cominciò a produrre in tutta la Francia un aceto balsamico con i suddetti ingredienti, detto “aceto dei quattro ladroni”, che, si diceva, proteggesse dalle malattie infettive.