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L'Asparago


 L'Asparago

Il nome greco di questa pianta, asphàragos, dovrebbe derivare dall’antico persiano asparag, “germoglio”: etimologia che ne confermerebbe l’origine orientale, probabilmente mesopotamica.
La pianta dell’asparago viene descritta dal filosofo greco Teofrasto di Ereso nel suo fondamentale trattato di botanica Ricerche sulle piante (IV secolo a.C.), ma la sua fortuna gastronomica è legata all’epoca romana. Già Marco Porzio Catone, nel suo De agricoltura, descrive accuratamente le tecniche di coltivazione dell’asparago, che evidentemente era a quel tempo (II secolo a.C.) presente e apprezzato sulle mense dei Romani.
A conferma della sua larga diffusione sulle tavole romane, l’asparago ha l’onore di svariate citazioni da parte di poeti e scrittori latini. Giovenale (I-II secolo d.C.) canta in una delle sue satire i montani asparagi, asparagi di montagna (dunque certamente selvatici), da gustare con “uova belle grosse”, mentre il suo contemporaneo Marziale tesse le lodi di quelli del litorale ravennate.
Un interessante passo di Svetonio ci svela anche qualcosa sulle tecniche di preparazione preferite dai Romani che, a quanto pare, più che cuocerli, facevano appena scottare gli asparagi nell’acqua bollente. In un capitolo del suo De vita Caesarum, nel quale si sofferma a considerare l’inventività linguistica di Augusto (a lui si devono ad esempio le proverbiali “calende greche” cui rinviano il pagamento i debitori insolventi), Svetonio riporta una metafora che, a suo dire, ricorreva spesso nel linguaggio dell’imperatore: per indicare un’azione di rapidità fulminea, portata a termine in men che non si dica, il Divo Augusto amava dire “celerius quam asparagi cocuntur”, cioè “in meno tempo di quanto ne impieghino a cuocere gli asparagi”. Certamente doveva avere in mente i sottili asparagi selvatici, e non i “grossi di Erfurt”.
Da un’imbarazzante, e notissima, proprietà degli asparagi prende spunto Marcel Proust per dare, a una sua pagina di delicata tessitura poetica, una conclusione comica del tutto inattesa: “l’essenza preziosa” di questi ortaggi “aspersi d’oltremare e di rosa”, venati di “sfumature celesti” e di “colori nascenti d’aurora”, sarebbe appunto quella che riesce, per tutta la notte successiva alla cena, “a mutar il [suo] vaso da notte in un’anfora di profumo”. Omnia munda mundis.
Nel Medioevo la pianta continuò ad essere coltivata e raccolta in vista dei suoi scopi medicinali, mentre la cucina europea si dimenticò dell’asparago fino al Cinquecento, quando cominciò di nuovo ad essere ricercato come una prelibatezza tendenzialmente molto costosa.
La sua fortuna moderna è legata, non diversamente da quella dei piselli, all’eccelso gusto di gourmand di Luigi XIV, il Re Sole: proprio a lui, e alla sua insofferenza per gli arbìtri stagionali della natura, si devono le prime coltivazioni dell’asparago in serra, concepite allo scopo di consentire agli esigenti palati di Versailles di gustare i preziosi ortaggi anche nei mesi autunnali e invernali.
Pennette agli asparagi
Ingredienti per 4 persone:
400 g di pennette, 400 g di punte di asparagi, 1 spicchio d’aglio, 1 cipolla, olio, sale, pepe.
Preparazione:
lessate per 5 minuti gli asparagi, scolateli conservando l’acqua nella quale cuocerete le pennette. Tagliate gli asparagi a pezzetti e poi divideteli a metà per il lungo. Tritate l’aglio e la cipolla, fateli rosolare, non bruciare, con 4 cucchiai di olio, aggiungete le asparagi, salate e pepate, scolate la pasta conservando un po’ acqua di cottura, versatela nel tegame con gli asparagi, padellate aggiungendo un po’ acqua di cottura se fosse troppo asciutta.
VARIANTE: se non siete vegetariani e volete farne un piatto unico, al momento di servire aggiungete 4 uova sode tritate grossolanamente e prezzemolo tritato.
Il piatto si può preparare anche come insalata fredda. In questo caso non serve il soffritto di cipolla e aglio, riunite in un piatto fondo gli asparagi lessati e tagliati, la pasta scolata, spolverateli con prezzemolo e aglio tritati e conditeli con olio e limone, guarniteli con le uova sode tagliuzzate.