Carni
Anche se tutte le varietà di selvaggina erano molto
popolari, perlomeno tra quelli che se le potavano
permettere, la maggior parte della carne che veniva
consumata proveniva da animali domestici. La carne
bovina non era diffusa come al giorno d’oggi, perché
allevare le mandrie era molto impegnativo, richiedeva
abbondanti pascoli e grandi quantità di foraggio e buoi
e vacche erano considerati molto più utili come animali
da lavoro e come produttrici di latte. I capi che
venivano macellati perché vecchi e non più adatti al
lavoro non erano particolarmente appetibili e di
conseguenza la loro valutazione era piuttosto bassa.
Molto più usata era la carne di maiale, dal momento che
si tratta di un animale che richiede meno cure e si
nutre di alimenti più economici. I maiali domestici
spesso venivano lasciati razzolare liberamente anche
nelle città e si nutrivano di ogni tipo di rifiuti
organici provenienti dalle cucine, mentre il maialino da
latte era considerato una vera leccornia. Molto diffuse
erano anche le carni di montone o di agnello,
soprattutto nelle zone in cui era più sviluppata
l’industria della lana, così come quelle di vitello. A
differenza di quanto oggi accade nella maggior parte del
mondo occidentale, tutte le parti dell’animale venivano
mangiate, incluse orecchie, muso, coda, lingua e
interiora. L’intestino, la vescica e lo stomaco venivano
impiegati per rivestire salsicce e salumi oppure
venivano utilizzati dai cuochi per dare al cibo forme
fantastiche e artificiali come quella di uova giganti.
Tra i tipi di carne allora usate ma rare al giorno
d’oggi o considerate inadatte all’alimentazione umana
c’erano quelle di riccio e di istrice, occasionalmente
menzionate in ricettari del tardo medioevo.
Si mangiava poi un’ampia varietà di volatili tra cui
cigni, pavoni, quaglie, pernici, cicogne, gru, allodole
e praticamente qualsiasi uccello che potesse essere
cacciato. Cigni e pavoni spesso erano addomesticati, ma
venivano consumati solo dalla classe più elevata e in
effetti apprezzati più per il loro magnifico aspetto (
li si usava per creare piatti molto appariscenti da
servire in tavola) che per la bontà delle carni. Come
succede anche oggi oche ed anatre erano animali
domestici piuttosto diffusi, ma non raggiungevano la
popolarità di cui godeva il pollo, che in pratica era
l’equivalente pennuto del maiale. Curiosamente, si
credeva che l’oca facciabianca, una specie nordica e
selvatica, non si riproducesse deponendo le uova come
gli altri uccelli, ma che nascesse dai cirripedi marini
che si trovavano sulle scogliere e di conseguenza era
considerata un alimento accettabile per i periodi di
penitenza e digiuno.
La carne era un cibo più caro rispetto a quelli di
origine vegetale e poteva raggiungere un costo anche
quattro volte superiore a quello del pane. Il pesce
poteva invece costare anche sedici volte di più, ed era
quindi troppo caro anche per le stesse popolazioni
costiere. Questo significava che nei giorni di digiuno
la dieta, per coloro che non potevano permettersi
alternative alla carne e ai prodotti di origine animale
come uova e latte, poteva essere piuttosto povera.
Fu solo dopo l’epidemia di peste nera che uccise quasi
la metà della popolazione europea che la carne diventò
un alimento comune anche per le persone più povere. La
drastica riduzione di abitanti di molte aree provocò una
carenza di manodopera che significò di conseguenza un
aumento dei salari. Inoltre vasti appezzamenti di
terreno rimasero incolti, rendendoli disponibili per il
pascolo, fatto che immise una maggiore quantità di carne
sui mercati