Le spezie erano tra i prodotti più lussuosi tra quelli
disponibili durante il medioevo; le più comuni erano il
pepe nero, la cannella (e la sua alternativa economica,
la cassia), il cumino, la noce moscata, lo zenzero e i
chiodi di garofano. Tutte dovevano essere importate
dalla piantagioni in Asia e Africa, fatto che le rendeva
estremamente costose. Si stima che nel corso del tardo
medioevo ogni anno venissero importate in Europa
occidentale circa 1.000 tonnellate di pepe e 1.000 di
altre spezie. Il valore di tali prodotti equivaleva a
quello del fabbisogno annuale di grano di un milione e
mezzo di persone.
Mentre il pepe era la spezia più comune lo zafferano,
usato sia per il suo sapore che per il vivido colore
giallo che conferisce ai piatti, era invece quella più
esclusiva. Alcune tra le spezie allora in uso
attualmente sono cadute quasi nel dimenticatoio come i
grani del paradiso, semi di una pianta affine al
cardamomo che nella cucina tardomedievale del nord della
Francia avevano quasi completamente soppiantato il pepe,
il pepe lungo, il macis, il nardo, il galangal e il
cubebe.
Lo zucchero, a differenza di quanto facciamo oggi, era
considerato un tipo di spezia, sia per il suo alto costo
che per le sue qualità umorali. In pochi piatti si
usavano solo uno o due tipi di spezie, ma piuttosto una
combinazione di molte di esse. Anche quando in una
pietanza uno degli aromi era nettamente prevalente si
usava combinarlo con un altro per generare un sapore
composto, ad esempio unendo prezzemolo e chiodi di
garofano, oppure pepe e zenzero.
Comuni erbe aromatiche come salvia, senape nera,
prezzemolo, carvi, menta, aneto e finocchio venivano
coltivate in tutta Europa e venivano regolarmente usate
in cucina. Molte di queste piante venivano fatte
crescere in orti o giardini e rappresentavano
un’alternativa economica alle spezie esotiche. In
particolare la senape era particolarmente amata per il
suo ottimo connubio con le carni e Ildegarda di Bingen
(1098-1179) la descrive come un alimento tipico dei
poveri. Le erbe aromatiche erano considerate meno
prestigiose delle spezie ma venivano comunque impiegate
anche alla tavola dei ricchi, pur investite di un ruolo
marginale o usate solo per colorare i cibi. L’anice era
usato per insaporire i piatti a base di pesce o di pollo
e i suoi semi usati per produrre confetti glassandoli
con lo zucchero.
I ricettari medievali giunti fino a noi frequentemente
suggeriscono di insaporire i cibi con liquidi acidi o
aspri. Vino, agresto (il succo spremuto da uva o frutta
ancora acerba), aceto o succhi di diversi tipi di
frutta, specialmente quelle il cui sapore è più aspro
erano universalmente diffusi e rappresentavano un
autentico tratto caratteristico della cucina tardo
medievale. Uniti ad altre spezie e a sostanze zuccherine
questi succhi conferivano ai piatti un caratteristico
sapore tra l’agrodolce e il fruttato. Ugualmente comuni,
e usate come contrasto al sapore piuttosto deciso di
questi ingredienti, erano le mandorle dolci. Venivano
impiegate in molti modi: intere, sgusciate o meno, a
fettine, macinate e, impiego più importante, lavorate
fino ad ottenerne il latte di mandorla. Questo era
probabilmente l’ingrediente più usato di tutta la cucina
tardo medievale e contrastava l’aroma delle spezie e dei
liquidi di cottura aciduli con il suo sapore dolce e la
sua consistenza cremosa.
Il sale era un altro elemento fondamentale e impiegato
ovunque della cucina medievale. La salatura, insieme
all’essiccazione, era uno dei metodi più comuni per
conservare i cibi e ciò significava che spesso pesci e
carni erano eccessivamente salati. Molti ricettari
medievali specificano di fare attenzione all’eccessiva
salatura e raccomandano di ammollare in acqua alcuni
alimenti per liberarli dall’eccesso di sale. Il sale era
presente anche direttamente sulle tavole nel corso dei
pranzi più importanti: più era ricco l’anfitrione o più
prestigioso era l’ospite, più era ricco ed elaborato il
contenitore del sale nonché il prezzo del sale stesso. I
signori più facoltosi possedevano saliere di peltro, di
metalli preziosi o altri materiali pregiati, spesso
finemente decorate. Dal livello della cena dipendeva
anche quanto finemente macinato sarebbe stato il sale,
nonché la sua colorazione. Il sale usato per cucinare,
per conservare e quello usato dalla gente comune era più
grezzo; il sale marino, in particolare, aveva una
maggior quantità di impurità, e veniva venduto in una
gamma di colori che andavano dal nero al verde. Il sale
più costoso e raffinato, invece, aveva un aspetto molto
simile al sale fino attualmente in commercio.