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Il riso e il "gioiello splendente"

L’Egitto fu la prima tappa del percorso che portò il riso a diffondersi nel Mediterraneo. Si deve alla colonizzazione araba il trasferimento della coltivazione del riso dall’Egitto alla Spagna, probabilmente poco dopo il 1000 d.C. La conquista araba delle terre del Mediterraneo occidentale favorì la diffusione della coltivazione del riso sia per soddisfare le esigenze degli stessi arabi, sia perchè il riso cominciava ad entrare nelle abitudini alimentari dei popoli conquistati.

Il riso era conosciuto in Italia molto prima che ne iniziasse la coltivazione, perchè era considerato una spezia ed era venduto per scopi terapeutici. Qualche traccia della presenza del riso in Italia si trova già in documenti del 1390, però non è chiaro a chi si deve l’introduzione di questo cereale nella penisola. Nel 1468 fu inaugurata la prima risaia, mentre il primo documento che dimostra la coltivazione del riso in Italia risale al 1475 ed è una lettera di Galeazzo Maria Sforza, il quale prometteva di inviare dodici sacchi di riso al Duca di Ferrara. Con l’avvio della coltivazione in Lombardia il riso, da prodotto di uso esclusivo degli speziali, divenne un elemento dell’alimentazione dei Lombardi.

Dalla Lombardia la coltivazione del riso si estese con rapidità a tutte le zone paludose della Pianura Padana. A tale diffusione seguì però un aumento dei casi di malaria e furono molti i provvedimenti che cercarono di limitarne la coltivazione in prossimità degli abitati. Nonostante i divieti, la coltivazione del riso continuò ad espandersi perchè la sua resa e il conseguente guadagno, rispetto ai cereali tradizionali erano così alti da far prevalere il fattore economico sul rischio di malattie. Il riso ebbe dunque una immediata diffusione, malgrado i rischi che derivavano dalla sua coltivazione, i dazi e i divieti, e, probabilmente, il suo successo si deve anche alla crisi alimentare che si registrò in tutto il Mediterraneo occidentale nel XVI secolo. Le carestie si alternavano alla peste, i raccolti scarseggiavano e non era facile approvvigionarsi all’estero. In queste condizioni il riso fu visto come il cereale che poteva in qualche modo far fronte alle richieste di una popolazione sull’orlo della fame.

Dalla Pianura Padana la coltivazione del riso si diffuse anche in Emilia e in Toscana, dove però la penetrazione fu più lenta a causa della minore disponibilità di acqua da destinare al nuovo cereale. Alla fine del XVII secolo il riso si coltivava ormai largamente nella pianura del Po, in Toscana ed in qualche area della Calabria e della Sicilia. Nel 1700 le risaie del territorio milanese coprivano una superficie di oltre 20.000 ettari, mentre un secolo e mezzo dopo le sole risaie del vercellese raggiungevano i 30.000 ettari.

 Leggenda orientale sul riso
    In Oriente il riso gode anche di un'origine leggendaria. Si narra infatti che il dio Shiva creò una bellissima fanciulla che chiamò Retna Dumilla (gioiello splendente). S'innamorò di lei, ma lei lo rifiutò e pose come condizione per sposarlo che egli creasse un cibo che si potesse mangiare ogni giorno senza che venisse a noia. Shiva fece vari tentativi, tutti inutili e infine costrinse con la forza Retna a sposarlo. La giovane morì di dolore, fu seppellita e, dopo quaranta giorni, sulla sua tomba comparvero di notte moltissime piccole luci. Da quelle luci al mattino spuntarono tanti piccoli germogli. Commosso, Shiva diede a quella pianta il nome di Pari (riso). Quella pianta avrebbe dato agli uomini e agli dei l'alimento che Retna aveva richiesto, un cibo che si potesse mangiare ogni giorno senza venire a noia.

La nascita del  risotto alla milanese
    Era il Settembre del 1574. Da quasi duecento anni, ormai, erano in corso i lavori per la fabbrica del Duomo, alle cui spalle si era formata una vera e propria città di baracche e porticati in cui alloggiavano marmisti, falegnami, scultori, carpentieri venuti da ogni parte d'Europa. In una specie di cascina di quella babele multilingue, viveva una piccola comunità di belgi: Valerio di Fiandra, maestro vetraio, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di Sant'Elena, s'era infatti portato a Milano i più bravi dei suoi discepoli. Uno, in particolare, spiccava tra gli altri per la sua straordinaria abilità nel dosare i colori, ottenendo effetti a dir poco sorprendenti. Il suo segreto? Un pizzico di zafferano, aggiunto con maestria all'impasto già pronto. E proprio per questa sua abitudine, era stato soprannominato "Zafferano". Il suo nome vero quasi non lo ricordava nessuno, e s'é perso nei secoli. Maestro Valerio, naturalmente, non era all'oscuro della mania "zafferanesca" del suo allievo più promettente, ma faceva sempre finta di nulla, limitandosi a canzonarlo ed a ripetergli che, andando avanti così avrebbe finito per infilare lo zafferano anche nel risotto. Fu così che, dopo tanti anni di canzonature, il giovane decise di giocare un tiro mancino al maestro: il giorno della Madonna si sarebbe sposata la figlia di Valerio, e quale migliore occasione per spruzzare davvero un po' di polverina gialla nel risotto per il pranzo di nozze? Non ci volle molto a corrompere il cuoco...
Ed immaginate lo stupore di tutti i commensali quando a tavola comparve quella stranissima piramide di risotto color zafferano! Qualcuno si fece coraggio ed assaggiò. E poi un altro, e poi un altro ancora. In un batter d'occhio, dell'enorme montagna di risotto giallo non rimase neanche un chicco. Il tiro mancino di "Zafferano" era decisamente andato male. In compenso, pero' era nato il risotto alla milanese. 

La ricetta del risotto alla milanese

Ingredienti per 4 porzioni:

- 400 g di riso semifino vialone nano
- 1 litro di brodo di carne
- 1/2 bicchiere di vino bianco secco
- 40 g di burro
- 40 g di midollo di bue
- 60 g di grana padano stagionato 24 mesi
- 30 g di cipolla
- 0,5 g di zafferano in pistilli

Preparazione: soffriggere la cipolla in 20 g di burro insieme al midollo sminuzzato, aggiungere il riso e cuocerlo a fuoco medio-alto per 2-3 minuti, girando delicatamente ma spesso, poi aggiungere il vino bianco e farlo evaporare. Aggiungere quindi 3 mestoli di brodo bollente, mescolare dolcemente e non toccare fino alla successiva aggiunta di brodo. A metà cottura aggiungere i pistilli di zafferano sciolti in un mestolo di brodo bollente. Spegnere la fiamma quando il riso è ancora al dente e la consistenza ancora piuttosto liquida ("all'onda"), aggiungere 20 g di burro e il parmigiano e mescolare energicamente (mantecare) per 20-30 secondi, quindi far riposare il risotto per 1 minuto e solo allora servire.


 

Aceto dei quattro ladri”